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Il tufo arenario. Una pietra venuta dal mare

I muri delle case della vecchia Bagheria erano eretti unicamente con
blocchi di tufo arenario. Per ottenere tali blocchi sono stati necessari tanti chicchi di sabbia schiacciati, ammassati e ridotti a formare una pietra, con dentro alcune conchiglie schiacciate insieme alla sabbia.

Dal momento che questo tufo arenario è stato estratto dalle cave ritrovate sotto i terreni ai lati del corso Baldassare Scaduto, è facile dedurre che in ere precedenti il mare di Aspra copriva buona parte di tale corso.

Ma c’è di più. Nel fóndo Mortillaro (oggi via Libertà, Bagheria), però, è ancora visibile uno spazio recintato, qualche metro sotto il livello della strada, da cui a suo tempo è stata estratta pietra tufacea.

Questo ci porta a credere che in epoche ancora più lontane il mare giungeva nella zona di tale fondo. Poi l’acqua si è ritirata e la sabbia ammassata è stata ricoperta di terra. Quando qualcuno ha scavato in cerca di acqua per irrigare i campi,ha scoperto lo strato di sabbia che nel frattempo si era trasformato in roccia tufacea.

I muri dei palazzi nobiliari nel settecento (uno addirittura nel seicento), sono stati eretti con grosse pietre di tufo provenienti dalle cave di Aspra.

Le stesse pietre sono state impiegate per i muri che cingevano l’area circostante. Quando si è deciso di utilizzarlo per la costruzione delle case, il tufo è stato tagliato a blocchi più piccoli.

Per i muri che recintavano gli agrumeti, i blocchi venivano collocati uno sull’altro a secco. Alla estrazione del tufo dalle “pirriere” lavoravano i picconieri. Il 17 agosto del 1905 Gioacchino Guttuso Fasulo ha fondato la
“lega dei picconieri”, per organizzare i lavoratori di quel settore che fino ad allora andavano a lavorare in ordine sparso e senza diritti.

Fino all’avvento del cemento, come si è detto,tutte le case di Bagheria sono state edificate con la pietra d’Aspra, mentre i soffitti erano sostenuti da travi di legno pescepino, un legno abbastanza resistente. Alcuni scalpellini che lavoravano il tufo erano anche capaci di modellare statue con quel materiale.

Si pensi alle statue che circondano villa Palagonia: in esse difetta un poco l’eleganza stilistica, ma gli autori hanno offerto un saggio della loro abilità e tanto senso artistico.

É da tenere presente che modellare il tufo non è impresa semplice per il fatto che si tratta di materiale friabile e si deteriora facilmente. Una volta sfruttato il tufo arenario giacente sotto la terra, è stata rimessa la stessa e sono stati piantati altri alberi.

Gli agrumeti hanno ripreso vita qualche metro al di sotto delle trazzere.
Una caratteristica parete di tufo rimaneva nel limite naturale tra la cava e il resto dell’agrumeto. In cima alla parete di tufo di solito venivano fuori i fichidindia, le cui pale si sporgevano verso il vuoto, come creature curiose intente ad osservare il panorama sottostante.

Qualcuno nel tempo ha preteso leggere e interpretare sui muri di tufo i segni e le loro combinazioni, scorgendovi messaggi occulti. I segni potevano svelare qualche segreto? O meglio, potevano spiegare quello che con la ragione non era possibile fare? Le spiegazioni che non venivano dal naturale, venivano invocate dal soprannaturale.

Noi non giudichiamo negativamente tale esercizio: diciamo solo che ne prendiamo atto, anche se rimaniamo un po’ scettici sul valore di tali interpretazioni.

Antonino Russo

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