Il MOVI (Movimento Volontariato Italiano), la Casa delle Culture e del Volontariato “Letizia Colajanni” ed il Comitato “Giustizia per Adnan” esprimono viva soddisfazione per l’operazione anti-caporalato promossa dal Questore di Caltanissetta, dott. Emanuele Ricifari, e condotta dai poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di Gela.
Grazie a tale brillante intervento di contrasto dello sfruttamento lavorativo e del caporalato, sono stati denunciati due imprenditori agricoli niscemesi nelle cui serre di produzioni orticole, site in contrada “Piano stella” nel comune di Gela (CL), venivano sfruttati ben 20 braccianti. La Polizia ha accertato che i due imprenditori agricoli avrebbero approfittato del grave stato di bisogno dei braccianti per costringerli a lavorare in precarie condizioni igieniche, di sicurezza e con misere paghe in nero, che i malcapitati lavoratori accettavano non avendo altri mezzi di sostentamento.
Per Filippo Maritato, Presidente del MOVI e Direttore della Casa delle Culture e del Volontariato, questa operazione di polizia “ha contribuito a svelare una realtà criminale profondamente radicata nel territorio nisseno ed ancora oggi gravemente sottovalutata. Anche fra gli addetti ai lavori, infatti, c’è chi continua a minimizzare il fenomeno del caporalato nella nostra provincia e nelle aree limitrofe, sostenendo che nelle nostre campagne questo fenomeno sia pressoché inesistente o, comunque, limitato a qualche caso individuale riferibile ai soli cittadini stranieri.
Ed invece si tratta di una piaga diffusa, che prospera grazie alla connivenza di produttori agricoli disonesti che sfruttano la cronica assenza di controlli per affidarsi al caporalato ed agli illeciti vantaggi economici che esso gli garantisce”. Maritato, in proposito, rileva che “accanto alla giusta e doverosa attività repressiva delle forze di polizia, sia necessaria una presa di coscienza collettiva e delle Autorità competenti: l’attuazione delle norme contro il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori – a prescindere dalla loro nazionalità – deve essere una priorità trasversale e socialmente condivisa”.
Ennio Bonfanti del Comitato “Giustizia per Adnan” – creato presso la Casa delle Culture all’indomani del barbaro omicidio, avvenuto nel 2020, del giovane pakistano nisseno che con coraggio aveva spinto i suoi connazionali a lottare per i propri diritti di braccianti – rileva come sia stata “smascherata un’ipocrisia generale: nel Nisseno il caporalato c’è e dietro gli stranieri sfruttati ci sono sempre imprese agricole sfruttatrici, intestate a sicilianissimi imprenditori. Sono ancora troppi i lavoratori sotto il giogo del caporalato sfruttati per la raccolta delle pesche, dell’uva, degli ortaggi e di tanti altri prodotti che giungono sulle nostre tavole dalle aziende agricole del comprensorio, in palese spregio della legge.
Da oggi questa verità lapalissiana non può più essere sottaciuta da chi, fino a ieri, cercava addirittura di far passare il reclutamento clandestino di manodopera straniera come un benevolo atto di “assistenza umanitaria” verso cittadini immigrati, che in quel modo venivano “aiutati” economicamente. Sindacati e Associazioni di categoria del settore agricolo devono garantire un impegno costante, contribuendo attivamente alla repressione dei comportamenti scorretti di singole imprese agricole”.